Il tempo di raccordo delle giornate è il tempo del deposito delle cose. E' la posa degli umori. La somma dei grani di rabbia, la vista delle tonalità invisibili del rancore.
La diversa prospettiva del torto. L'organizzazione della ragione dopo una sconfitta. Tempi di raccordo. Lo sciabordio dell'acqua del rubinetto lungo i tubi prima che si intiepidisca. L'attesa accanto alla macchina del caffè prima che la spia si accenda. Il mascara viola che si asciuga. Il rumore ritmico e industriale dell'ascensore che fende il cuore del palazzo e si schiude per ingoiarmi. Il vento di risucchio del tunnel della metropolitana che raggiunge la banchina. Il rumore, alle mie spalle, dei passi della ragazza coi tacchi. Mi superano lei e i suoi capelli rossi. Una ciocca ribelle si libera dal basco blu. Un lampo di bellezza. La voce dalle casse che chiama qualcuno muore nel rumore del treno in arrivo. Il video della canzone che voglio ascoltare viene dopo un vortice di attesa dal browser. Come le mattine di corsa verso la cassetta della posta. Il calcolo dei giorni di niente sbriciolato dall'unico esplosivo istante della vista del bordo affilato di una busta chiusa. La calligrafia nota. Gli adesivi chiassosi.
La diversa prospettiva del torto. L'organizzazione della ragione dopo una sconfitta. Tempi di raccordo. Lo sciabordio dell'acqua del rubinetto lungo i tubi prima che si intiepidisca. L'attesa accanto alla macchina del caffè prima che la spia si accenda. Il mascara viola che si asciuga. Il rumore ritmico e industriale dell'ascensore che fende il cuore del palazzo e si schiude per ingoiarmi. Il vento di risucchio del tunnel della metropolitana che raggiunge la banchina. Il rumore, alle mie spalle, dei passi della ragazza coi tacchi. Mi superano lei e i suoi capelli rossi. Una ciocca ribelle si libera dal basco blu. Un lampo di bellezza. La voce dalle casse che chiama qualcuno muore nel rumore del treno in arrivo. Il video della canzone che voglio ascoltare viene dopo un vortice di attesa dal browser. Come le mattine di corsa verso la cassetta della posta. Il calcolo dei giorni di niente sbriciolato dall'unico esplosivo istante della vista del bordo affilato di una busta chiusa. La calligrafia nota. Gli adesivi chiassosi.
Mi accorgo di amare le pause dal clamore. Sono coerente nella cura del tempo che nessuno occupa. Il tempo dimenticato. Lasciato al caso. Lo aspetto, se serve. Lo provoco. Se serve. Mi chiedo quanto sarebbe inutile il giorno senza le attese. Un giochino di rimandi senza pathos. Una corsa preordinata fra tasselli abituati a spingersi l'uno sull'altro. Un domino che si completa per intero dopo un solo, indifferente gesto automatico. Input. Ago ipodermico. Già fatto. Fino a " buonanotte ". Figura terminata. Senza applausi. Era tutto previsto.
Il tempo di raccordo nelle parole mancanti dei discorsi.
Le frasi riempitivo che costruisco sono adagi soffiati in una bolla di sapone mentre il mondo che mi risponde si organizza con risposte ago. Striminzite e graffianti. Un mondo di risposte attese e infine negate. A coincidenza zero. Non è il mio tempo.