giovedì 1 ottobre 2015

Polline. E diecimila leghe di parole

Mi invitano a correggere l'abitudine di creare i miei interventi ( per i quali utilizzo stringati specchietti di parole chiave a mo' di mini bussola durante l'esposizione ) e preferire invece la scrittura e quindi la lettura puntuale dell'intervento per intero. Parola per parola. Ho difficoltà a spiegare che normalmente tutto il mio intervento è nella mia testa e attinge a tutte le mie conoscenze muovendosi in maniera del tutto indipendente, seguendo solo una linea assegnata. Dalle quelle 4-5 parole o poco più. Nei confini steinbeckiani di quelle, mi muovo avendo in mente un filo preciso ma non ne conosco le evoluzioni estetiche. SE dovessi lasciare a fine intervento il mio quaderno di appunti non riconoscereste che una manciata di termini ridotti a piccoli cryptex che aprono solo quello che ho in testa. Ho difficoltà a spiegare che è il momento stesso dell'esposizione a creare il discorso. Un atto unico. Un evento non ripetibile. Spesso una parola o uno stato d'animo lo modifica mentre parlo. Seguo curiosa come chi ascolta la nuova piega presa dall'eloquio. Come faccio a spiegarlo in fase accademica o in sede di documentazione? MI dicono " così non possiamo pubblicarti " Lo so. Per me era bello che foste lì ad ascoltare. A suggerire un'emozione che ho trasformato in parola. Ho una vivace memoria fotografica. E' lei che va a pescare fogli e fogli di conoscenze pregresse. Le vedo salirmi alle labbra come acqua che da nuovo vigore. E lo da al mio discorso. Un foglio da leggere non mi somiglierebbe. Perderei d'intensità. Perderei il contatto con gli occhi di chi ascolta, con le reazioni che spesso mi fanno virare per seguire il moto emozionale dell'uditorio. E' spesso quella gente a suggerirmi altri dettagli. Entro in altre stanze. Le edifico mentre le percorro. Come faccio, dunque, a spiegare che non posso avere MAI un progetto se il progetto è in divenire? Come faccio a spiegare che funziono ad ipertesto e che di conseguenza non so prevedere dove andrò se non nel breve steccato di parole che in sede di relazione vi dicono meno di niente e che per la mia mente aprono biblioteche? Come spiego che sono le parole a dettare il percorso e come spiego che, di conseguenza, non posso averne uno scritto prima che accada? Non so spiegarlo. Dovrete fidarvi di queste parole. Stavolta le ho scritte. IN fase di esposizione sapete come avrei riassunto questo breve intervento? Cosa avreste trovato, nel foglio troppo grande per contenere una sola parola? Vi avreste trovato questo: POLLINE E come lo spiego che da questa parola avrei raccontato del viaggio del polline?. Di come non conosca che la sua origine e che immagina il suo compito ma non conosce il viaggio? Quando troverò il modo non sarò più io