Il magazine americano Time dedica la sua prima copertina del 2011 ad
Aung San Suu Kyi,
la lady birmana che da anni si batte per l'affermazione della libertà in Birmania.
Liberata il 13 novembre scorso, dopo 14 anni di detenzione, Aung porta avanti la sua battaglia per portare nel suo paese la cultura della libertà, condizione ancora lontana dalle categorie socioculturali della sua gente, oppressa da secoli di totalitarismo politico e militare. La leader birmana cercherà di consolidare il partito dell'opposizione ma non potrà farlo, secondo il quotidiano thailandese Bangkok Post, senza importanti cenni di riconciliazione con le forze governative.
Inoltre, il compito difficile che aspetta la coraggiosa Aung sarà anche quello di riportare da una sola parte le diverse fazioni dell'opposizione, smembrate in piccoli e sparuti gruppi ancora divisi e lenire, anche tramite accordi interni, quelle che sono le divergenze politiche e culturali delle diverse minoranze etniche.
Infatti, come ricorda il quotidiano thailandese, malgrado l'influenza e l'attenzione rivolta alla vicenda del Myanmar, proprio grazie all'impegno costante del Premio Nobel per la Pace, San Suu Kyi, non è certo finito con la sua detenzione, il caos politico e sociale in cui il paese versa da anni. Si auspica la possibilità di poter intervenire politicamente sulle sorti di un paese così ostile ai grandi valori liberali a cui si ispira Aung soltanto con la costruzione di una nuova classe generazionale politica e dirigenziale.
Per adesso, i nemici più agguerriti della leader birmana sembrano essere proprio i capi dell'opposizione che in modo sottile o dichiarato rendono complessa l'unificazione dei diversi movimenti. Questo stato di cose non fa che favorire il regime e tenere ancora le sorti del paese e della politica scelta da Aung sotto il controllo anche formale del regime militare.
Negoziazione interna. Dunque.
Oppure sarà vana la lotta, vana la sofferenza della detenzione. Vana, addirittura e vergognosamente, la liberazione di Aung. L'attende la prova più dura.
Il mondo la guarda.